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Diamo il benvenuto a Marzo - Jàm'a scuntruè a Marz'

Usi&Costumi > Leggende e Tradizioni
La storia di Marzo, u puàcc’, e il Pastore ©

  Il seguente racconto è parte integrante del video
"La storia di Marz' u pacc'e il pastore" ©
Marzo è da sempre risaputo, un mese instabile. Con i suoi repentini cambi climatici, ha fatto da sempre, e lo fa ancora, impazzire le persone e non solo.
 
Questo mese così particolare, non poteva non attivare la fantasia popolare che poi lo ha associato a una persona. Per la precisione ad un giovane, sempre su di giri, volubile, il classico Bastian contrario ….
 Anche Villapiana ha, nella sua tradizione, la credenza, radicata nella notte dei tempi tanto da personificarlo, il mito di Marzo. E tiene in considerazione il suo Marzo, tanto da dedicargli una serata festiva; l’ultima sera di febbraio.

 

La serata della festa
Intorno alle ventidue, ci si ritrova in piazza Dante, la piazza principale del paese. Si arriva alla spicciolata, chi porta una vecchia pentola, chi un tegame ammaccato, un coperchio, barattoli, bidoni …. Tutti “strumenti “che fanno rumore.
Ma non solo rumore, anche suoni, musica, con organetti, tamburi, ciaramelle ….
Arrivano, dalle viuzze che portano in piazza, i primi “suonatori “.
Ci si accorda, si prova qualche attacco, una variazione, un accompagnamento controtempo, una strofetta a doppio senso, piccante, uno stornello appassionato …. E intanto il tamburello incalza, con il suo ritmo forsennato, quasi a sfidare l’organetto ….
Ora tutto è pronto! I rumori cominciano a essere sostenuti, le persone sono tante e si aspetta solo di …. Si parte!!!!!

Vox Populi
Marzo si sa, è volubile, instabile. Questo lo sapevano bene in particolar modo pastori e contadini. Lo sapeva bene anche la sua vecchia mamma, sempre in pena per questo figlio così bizzarro, imprevedibile, frenetico, iperattivo, dispettoso. Aveva sempre da correre di qua e di là. Si divertiva a stuzzicare, infastidire i contadini con burrasche improvvise, succedute da schiarite dal cielo azzurro limpido e sole caldo ma ecco, una sferzata di tramontana …
_ La campagna, le greggi, le persone, tutti soffrivano di questi improvvisi quanto repentini sbalzi climatici.
Ma un pastore aveva capito come interpretare il pensiero, il modo di essere di Marzo “ù puàcc’..."
In effetti, quando il maltempo infuriava sui monti, il pastore scrutando il cielo, portava i sui armenti in pianura. Il giorno successivo, di buon mattino scrutando ancora il cielo, decideva se portare le pecore al pascolo, o se non fosse il caso, di tenerle al sicuro, nello stazzo …
_ Marzo che, a chi più e chi meno, aveva dato prova delle sue bizze, si accorse di questo pastore. Riusciva sempre a sfuggire ai suoi strali …. E apriti cielo!! Cercò in tutti i modi di ingannarlo, anche fingendosi amico. _ Gli chiedeva, con fare affabile, suadente, come procedevano le cose, si informava sui pascoli migliori ma, il pastore, scarpe grosse e cervello fino, si teneva sempre vago, cercando comunque di non irritarlo ancora di più. “Quiss’ jè pacc’,  cù ma fè ffè  a mmij“, pensava il pastore.
_ Intanto il tempo passava e Marzo stava per finire i suoi giorni!! E quello che era ancora peggio il pastore, quel pastore, non gli riusciva di anticiparlo, di ingannarlo. L’astio aumentava, e il pastore se la rideva …. E Marzo se la legava ancora di più al dito….
Fulmini, saette, pioggia e vento, nevicate, sole improvviso. Un martirio … Fiumi ingrossati, campagne distrutte dalla grandine, animali decimati dalle improvvise piene ma …
_ 30 giorni ha novembre, con aprile giugno e settembre, di 28 c’è n’è 1 tutti gli altri ne hanno 31 … disse il pastore, sempre guardingo, finalmente è finito …
_ Finito? “Sii, mo’ ti fazz’ vid’jì!!” pensò Marzo che chiese ad Aprile, sua sorella, di prestargli qualche giorno dei suoi. Un po’ sorpresa, un po’ curiosa, Aprile acconsentì.
Un fratello, permaloso, instabile, che una ne pensa e cento ne combina, dispettoso …, ma pur sempre un fratello e poi porta in sè il germe della vita, la rinascita della madre terra. Nonostante tutto, se saputo prendere, è un buono … Pensava Aprile ….
Forte dei giorni concessogli dalla sorella, Marzo, pensò di poter ingannare facilmente quello zoticone ….
_ Di buon’ora si recò all’ovile dove, scrutando il cielo, il pastore stava preparando il suo gregge per il pascolo, pensava che era il 1° giorno del nuovo mese, Aprile era arrivato.
_ “ Bangiòrn’ “ disse Marzo, con fare affabile.
_ “ Bangiòrn’ a ttij “ rispose di rimando il pastore, mentre pensava “ teee che quiss jè ancor’a qquè? chi vvod' mò e non si nnì ved’a fa futt’…“
_ “Ei vist’ chi bella jurnuèt’ goij? guard' p’à marìn’ chi sincirìzz’ chi c’è… quanta ghèrjv’ …, Jè tutt' vird’, … I pïcur’ si scialèrin’ “
“u vuì u carògn’... Agg’ capìt’u fitènd’, ma mò u conz’ jì “ pensò il pastore. "Si, jè ‘na bella jurnuèt’ e a la marin’ l’erv jè tennjr’. Goj veg’a paš’ a llè…”
Così dicendo, si salutarono. Marzo era convinto di cogliere di sorpresa il pastore, mentre quest’ultimo avendo già capito le intenzioni del suo ospite, si preparò a guidare il gregge in collina. La parte opposta di quanto detto a Marzo.
Passarono poche ore e sulla pianura giù acqua a più non posso. Lampi, tuoni, vento. Il diluvio …. Marzo, alla fine della sua malefatta, cercava le pecore morte o disperse, niente. Nemmeno l’ombra di una pecora … La collera lo assaliva, un dubbio intimo lo tormentava. Il pastore era stato ancora una volta più previdente e furbo di lui. “Eh malidìtt’ !! … A carna tuj ‘ndì dïnd’ mij !!…“
_ Intanto, il pastore che aveva assistito a quel disastro da lontano, zufolando guidava con i suoi cani, le pecore allo stazzo.
_ I giorni che Aprile concesse al fratello erano solo tre ed uno era già passato. Era fallito miseramente… Fulmini e saette, un diavolo per capello… “com’aggia fè p’ù frichè a stù zzuàmmjr’ ...” pensava Marzo. "Ah si! fazz’a ccùssuì. Vegh’a ddù picuruèr’, u salùt’, però jì ‘on i ddummuànn’ nend'. Tand’ mu duìc' gghjìll’ a ddù vuèd’, e allòr’ teeee!!! Si nnì frichìssid’ … nu fuàzz' com’u cappïll’ i do' Rodòlf’… binàrm’ …”
Nasce il nuovo giorno. Al solito, il pastore scruta il tempo e prepara il gregge per condurlo al pascolo quando … “BANGIORN!!! Com’jam stumatìn’ “…
_ “ n’ata vot’!!! “ pensò il pastore, “ bangiòrn’ a Ginuzz’, e ccom’jàm’ … jam’ com’u ….” Intanto il pastore cercava di capire cosa volesse ancora quel suo tempestoso ospite che non avrebbe dovuto più essere la, ma niente, non chiedeva niente. Parlava del più e del meno… Ah ecco pensò il pastore, si aspetta che io gli dica dove vado così da potermi precedere, ed è sicuro che oggi sarà ancora cattivo tempo da qualche parte. Il pastore fece un discorso molto semplice: fin’ora andava a pascolare sempre nel posto inverso a quanto diceva, questa volta gli avrebbe detto la verità e Marzo sapendo che il pastore sarebbe andato dall’altra parte, lo avrebbe prevenuto …..
_ “ U suei...", disse con noncuranza il pastore a Marzo, jè na bella jurnuet’, goj vegh’a pascj a la marin’, ll’erv’ jè tènnjra tènnjra e i frùšcul’ si sazzìjn’ … “.  “ AHAHHHH, finalmènd',  'sta vot'on a pass’ lisc’“ pensò gongolante Marzo che, salutato frettolosamente il pastore, filò via a preparare la sua “ vendetta “, senza avvedersi del sorriso sornione del suo antagonista.
_ Preparato il gregge, lento pede e sempre zufolando, il pastore procedeva tranquillo, in direzione della marina.
_ Marzo intanto si preparava frenetico. Gonfiava le nuvole cariche di pioggia, incitava gli alberi ad agitare le fronde…. Raccomandò alla madre di non andare “a l’acquarïll’ pi llavè i rrobb’. Goj n’agg’ priparèt’ nù piattìn’ a quillu rizzòn’ che su rricòrdjd’ fin’a chi šcàttid’. Si nni frichìssjd’ !“.
La madre, una vecchina, capelli bianchi e occhi amorevoli rispose: “Oj ben’i mamm’, ma lass’u jùì a quill 'pòvjru cruìst’, ten’ ‘na famìgl’... “
“ Ci vej crej a ffe a lassìj!! Hei capìt’?
“ Com’aggia fè cu stu fuìgl’ ….” Pensò e disse: “e ssin’ ci vegh’ crej a llavè sti dui zinzuluïll’ “
E Marzo, certo di raggiungere il suo intento, pensava che il pastore avrebbe fatto l’inverso di quanto detto, si recò sulle vicine montagne e diede sfogo alla sua rabbia. Tuoni e fulmini, folate di vento e terribili scrosci d’acqua. In men che non si dica, il Satanasso rumoreggiava di un brontolio cupo che non prometteva niente di buono. Si gonfiava sempre più e i vicini giardini furono devastati, le vie del paese erano diventati dei corsi d’acqua difficili da superare ….
_ Dopo ore di diluvio Marzo, oramai esausto, pensò di aver dato il fatto suo a quel indisponente del pastore. Seduto su di uno spuntone di roccia, si beava delle sue malefatte ma la, in lontananza sulla marina splendeva il sole e, aguzzando la vista ….
“ Ija chi m’ha fatt’ quillu fuìgl’ i ‘na cajèn’!!!! ha gghjùt’a paš a la marìn’… che su von’ ‘nculluèd’ i brutt’abbèstij….”
Il pastore stava rientrando, placido, con il suo gregge, all’ovile. Stanco ma contento di aver avuto erba in abbondanza per le sue pecore ….
_ Marzo era furioso, cento diavoli per capello, imprecazioni contro quell’essere insignificante, che non riusciva a punirlo per la sua insolenza ... E intanto la vecchina, la mamma di Marzo, seduta vicina al caminetto, con gli occhi lucidi, guardava e non capiva questo suo figlio, che in se portava la vita, ma seminava la morte ...
_ “ Cramatìn’ vegh’a ll’acquèr’ a ffè a lassìj…“ disse la mamma a Marzo
“ No!! ‘On ti permètt’ a gghjss’ d’a ches’, che crej o futt o pagh’ a stu strunz’ u conz’ jì!!! “
La vecchina sospirò ma non rispose, pensava, meglio stare zitta così si calma e magari gli passa. Dopo tutto domani finisce i giorni in prestito e vorrà riposarsi … “e pù jì àggia jì a’l’acquèr’ a lavè e vò fatt pur’a lassij. Pozz jì appriss’a gghjill’ che vè sempr’ paccijènn’? ...”
L’indomani si preannunciava tempo bello ma, il pastore, era indeciso se uscire per il pascolo. Aveva avuto una notte insonne per la nascita di due agnellini, e poi aveva il sentore che qualcosa stesse per succedere. Si disse che in fondo, gli animali erano sazi e di erba ne avevano anche nelle vicinanze. Avrebbe deciso più tardi se uscire al pascolo o meno. E non si era visto nemmeno Marzo! “m’ha finit’i rupp' a vïrtul’ ? “
_ Marzo invece era imbestialito che “jess’ Marìj, fora gàbb’ chi diàvul’ s’avìj fatt’”,  non sapeva cos’altro fare. Se le era inventate tutte, inganni, tradimenti, temporali improvvisi. Niente!!! Ed ecco che gli venne l’idea. Diabolica. Il pastore e le sue pecore, questa volta, non l’avrebbero scampata. Tutto organizzato, tutto previsto. Niente sarebbe andato storto. Pronte le nuvole per la pioggia, gli alberi per il vento, il satanasso per allagare tutto, fulmini e tuoni per impaurire uomini ed animali …
Giunto il momento, diede il via alla furia degli elementi. Lampi e tuoni tra nuvole nere gonfie di pioggia che il vento, impetuoso ed ululante, spostava velocemente come a rincorrersi senza sosta. La pioggia ingrossava il Satanasso e le stradine ormai allagate, erano diventate dei fiumiciattoli pericolosi, impossibili da superare. In lontananza guaiti, belati, muggiti, grida di donne, bambini, uomini. Tutti in difficoltà, tutti a chiedere aiuto. Aiuto, ma a chi? Aiuto …
Dai monti alla marina era tutto un pantano, ovunque persone in difficoltà, alcune mucche su un’altura, delle pecore in acqua e poi galline, conigli, maiali ... Acqua e ancora acqua, vento e ancora vento, e tuoni e fulmini e ancora, ancora, ancora tormenti contro tutto e tutti …..
Ecco, ora può bastare. È tutto finito, la calma, la quiete, sembra tutto innaturale….
È finito tutto come se non fosse mai successo niente. Ma tutta la campagna è straziata, urla di dolore si levano da ogni dove, alberi sradicati, steccati piegati, pietre, fango dappertutto …
_ E Marzo esausto, con gli occhi fuori dalle orbite, spiritati, correva in ogni dove, cercava qualcosa, qualcuno, niente….
Non vedeva quello per cui aveva fatto tutto questo.
_ Ancora una volta aguzzò la vista, guardo in lontananza “NOOOOOO “, lui è ancora la, tra gli alberi davanti al suo casolare, nelle vicinanze dell’ovile con le pecore, al sicuro con la collina che li proteggeva alle spalle e gli alberi che riparavano di quel tanto che basta, dalla pioggia ...
_ Allora Marzo capì che non avrebbe mai avuto ragione di quell “zinzuluèr’ “. Era più furbo, astuto ed era capace di prevedere il suo modo di pensare. Oltre tutto Aprile, la sorella, non gli regalerà altri giorni! “che figura ci faccio, io che porto con me i primi tepori delle belle giornate!!!!”.
E Marzo fa ritorno a casa, la trova vuota. Chiama la mamma “sungh’ jì, mà..., a ddù suì“. Nessuna risposta. Gira per casa, nessuno, manca però il cesto con i panni sporchi.
Un grido di dolore, è solo una sensazione, una premonizione. Via di corsa per le stradine impantanate del paese, alla ricerca affannosa della mamma che non si vede. Può essere andata solo in un posto, e un groppo allo stomaco gli provocò un dolore atroce. Veloce, doveva arrivare “a ll’acquarïll’ ‘nd’ì Conch’“.
Non fu necessario, vide una vecchina coi capelli bianchi, minuta, impigliata in un cespuglio che, in modo pietoso, la tratteneva, evitando che la corrente del vicino Satanasso ancora in piena, la trascinasse via …
Marzo aveva perso tutto, la stima della gente prima e dopo, la persona a cui teneva di più.
La sua mamma.
Ne valeva la pena?

Conclusione
Una tradizione che si perde nella notte dei tempi e che, ogni anno, si ripete puntualmente per la gioia dei tanti entusiasti e vocianti bambini. La curiosità che traspare dai loro occhi è quasi palpabile e la partecipazione è totale. Gli anziani, vedendo passare questa particolare “processione“, mostrano, quasi nascosto, un accenno di sorriso e, con negli occhi il corteo che sfila davanti, e nel cuore la malinconia del tempo passato, ripercorrono a ritroso la loro vita in un turbinio di emozioni mai sopite, tornano indietro con la mente, quando erano loro, con l’innocenza ancora di bambini, ad andare a incontrare Marzo.
Visto quello di cui è capace Marzo, l’ultimo giorno di febbraio, gli si va incontro. Il fatto che si faccia baccano per dargli il benvenuto, è solo un modo, esuberante, per farsi sentire dal nuovo mese.  Più alto è il rumore più si rende importante Marzo, che dovrebbe sentirsi adulato e quindi rabbonito.
In pratica gli si dà il benvenuto.

Morale
Quello che viene spontaneo chiedersi è cosa rimane a Marzo di tutto questo, cosa ci ha guadagnato? Assolutamente niente anzi, oltre a non avere stima e rispetto di nessuno, anche la sorella Aprile non ha voluto più assecondarlo, ha perso quanto di più caro avesse, la mamma! Annegata!
Per cosa?  per i suoi infantili capricci ….
Per finire, a tal proposito, il popolo coniò una “dittet’ “, detto-proverbio, che dice: “ Agg’jùt’ ‘ncùl’a Marz', i pïchir' su ‘nd’ù jazz’ “ che significa “ Ho fregato Marzo, le pecore sono al sicuro, nello stazzo “.
Questa è una favola ma…
(domanda un po’ provocatoria)   Quanto Marzo c’è in noi …?




"La storia di Marz' u pacc'e il pastore" ©
La storia descritta racconta di una tradizione che a Villapiana, CS, si rinnova puntualmente e in modo spontanea, ogni anno.
Da ricerche fatte, anche se non esaustive ma tutt'ora in corso, risulta che questa tradizione è in uso anche in altre località con svolgimento simile. Ne abbiamo individuate in più paesi, non solo in Calabria ma un po' in tutta Italia. Un caso particolare è Plataci. Un paesino confinante con Villapiana dove usano dare il benvenuto a Marzo andandogli incontro gridando: "domani è il 1° marzo", per il resto si svolge in modo molto simile. La particolarità sta nel fatto che Plataci è un paese arbëreshëche e, seppure di cultura totalmente diversa, condivide la stessa tradizione attiva in altri posti.

Il testo sopra riportato, è parte integrante del video:
"La storia di Marz' u pacc'e il pastore" ©,
interpretado da Simone Brunetti, nella parte di "Marzo";
Antonio Librandi, nella parte del pastore;
la voce narrante è di Felicia Favale;
montaggio di Paride De Paola.
Scritto e diretto da Federico De Marco
Tutti i diritti riservati ©

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Origini della festa

Jàm’a scuntruè a marz’
(Andiamo incontro a Marzo)
 
 
Ho cercato di vedere le possibili origini di questa tradizione.
 
Innanzitutto, il tempo e le modalità: fare rumore fa parte di quei riti apotropaici per allontanare gli influssi maligni, in questo caso il buio, il rinchiudersi della terra per dare esplosione alla luce, al fiorire della primavera.
 
Esso fa parte di quei ritmi, più completi, della purificazione, dell’acqua, del fuoco che, dalla candelora in poi, avvengono fino a primavera inoltrata.
 
La chiesa ne ha ufficializzato e battezzato le modalità tramite le litanie e processione dei quattro tempora (riferite alla quattro stagioni dell’anni);
 
Il fatto che sia anche a Plataci questa tradizione farebbe ipotizzare un rito agricolo-pastorale, per ingraziarsi anche il “pazzo” marzo, šcattign' (dispettoso), per come poi si comporta, secondo la tradizione, alla fine quando, per danneggiare l’astuto pastore, chiede giorni in prestito alla sorella, il mese di aprile,  per distruggere il gregge. Questa tradizione è stata ben lumeggiata, con un video, dal caro amico Federico De Marco.
 
Ma, secondo i miei studi, potrebbe agganciarsi a feste dell’antichità, pur risultandone ora solo un residuo monco, un reperto su cui intervenire per ricostruirne senso e attualizzarlo: mi riferisco alle feste romane, nel mese di febbraio, di purificazione e propiziazione, e a quelle greche, le antesterie, che ricadevano tra febbraio e marzo, ed erano festose e funebri nello stesso tempo, in onore di Dioniso, con tutto il rituale di scongiurare gli inferi che trattenevano Persefone.
 
Ne parla anche Aristofane ne “Le rane”, a proposito anche del rumore delle “marmitte”.
 
E questa tradizione non è l’unica a Villapiana, legata al mondo classico, a quello agricolo-pastorale e a quello albanese.

(nota, parziale, di Gianni Mazzei estrapolata dal vocabolario Villapianese/italiano - Italiano/Villapianese di Federico De Marco e Gianni Mazzei)
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